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Restituzione del ticket NAspi
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Restituzione del ticket NAspi

L’azienda indotta a licenziare il dipendente per assenza ingiustificata ha diritto ad ottenere dal lavoratore il risarcimento del danno corrispondente all'importo del ticket NAspi versato all'Inps

Sonia Gallozzi, Consulente giuslavoristico della Sede nazionale

Come noto, il lavoratore matura il diritto alla Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego (NAspi), di cui all’art. 1 del D.Lgs. n. 22 del 4 marzo 2015, in caso di eventi di disoccupazione involontaria verificatesi a decorrere dal maggio 2015.
Dunque, ai fini dell’accesso all’indennità in parola, lo stato di disoccupazione deve essere involontario e sono esclusi pertanto i lavoratori il cui rapporto di lavoro sia cessato a seguito di dimissioni o di risoluzione consensuale.
Tuttavia, a parere dell’INPS, l’accesso alla NASpi è consentito anche nei seguenti casi:
1. dimissioni per giusta causa, qualora le dimissioni non siano riconducibili alla libera scelta del lavoratore, ma siano indotte da comportamenti altrui che implicano la condizione di improseguibilità del rapporto di lavoro (circolare INPS 20 ottobre 2003, n. 163);
2. dimissioni intervenute durante il periodo tutelato di maternità, ossia a partire da 300 giorni prima della data presunta del parto e fino al compimento del primo anno di vita del bambino;
3. risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, purché sia intervenuta nell’ambito della procedura di conciliazione presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro secondo le modalità di cui all'articolo 7, legge 15 luglio 1966, n. 604 come sostituito dall'articolo 1, comma 40, legge 92/2012;
4. risoluzione consensuale a seguito del rifiuto del lavoratore di trasferirsi presso altra sede della stessa azienda distante più di 50 chilometri dalla residenza del lavoratore e/o mediamente raggiungibile con i mezzi pubblici in 80 minuti o più;
5. licenziamento con accettazione dell’offerta di conciliazione di cui all’art. 6, D.Lgs. 23/2015;
6. licenziamento disciplinare.

Un ulteriore caso in cui il lavoratore avrà accesso a detto beneficio è stato recentemente introdotto dalla recente novella transitoria di cui all’art. 14 del DL n. 104/2020, così come convertito in Legge dalla 126/2020, che ha previsto il diritto alla NAspi anche per i lavoratori che aderiscono ad “un accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro”.
In ogni caso, si ricorda che l’indennità NAspi andrà restituita dal Lavoratore reintegrato nel proprio posto di lavoro all’esito di un provvedimento dell’autorità giudiziaria o per decisione aziendale, poiché tale circostanza costituisce “una modifica del fatto generatore dello stato di disoccupazione, rende indebita l’erogazione del trattamento” (cfr. Cassazione Ordinanza n. 17793/2020).
Orbene, nei casi in cui il lavoratore abbia diritto alla corresponsione dell’indennità, l’azienda è tenuta a versare il ticket licenziamento, il cui importo è stato recentemente aggiornato dall’INPS con la circolare n. 20 del 2020 ed è pari ad € 503,30 per ogni anno di lavoro effettuato, sino al massimo di € 1.509,90.
Tuttavia, la Giurisprudenza ha evidenziato alcuni casi in cui detti importi dovranno essere restituiti dall’ex dipendente.
Da ultimo, il Tribunale di Udine, con la Sentenza n. 106 pubblicata il 30 settembre u.s., ha sancito che l’azienda indotta a licenziare il dipendente per assenza ingiustificata ha diritto ad ottenere dal lavoratore il risarcimento del danno corrispondente all'importo del ticket NAspi versato all'Inps, ove riesca a dimostrare la volontà risolutiva del dipendente licenziato.
Ed infatti, nel caso preso in esame dal Tribunale, l’azienda era stata indotta ad adottare il provvedimento espulsivo dal comportamento omissivo del dipendente, assentatosi ingiustificatamente, nonostante avesse già manifestato la propria necessità di interrompere il rapporto di lavoro, chiedendo all’azienda di essere formalmente licenziato per poter beneficiare dell’indennità di disoccupazione.
A fronte al rifiuto di parte datoriale, il dipendente si assentava in modo ingiustificato dal lavoro, sino a costringere il datore a procedere al licenziamento disciplinare per giusta causa.
Il Tribunale, investito della questione, ha deciso per il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno, basandosi sull’accertamento della “provenienza della volontà risolutiva del rapporto di lavoro”.
Ed invero, a parere del giudice, è stato adeguatamente provato che l’iniziativa di porre fine al rapporto è stata presa esclusivamente dal dipendente, il quale si era deliberatamente assentato dal posto di lavoro, al solo fine di farsi licenziare e poter così aver diritto all’indennità.
Tale pronuncia, benché emessa da un Giudice di merito e dunque soggetta ad impugnativa, costituisce un’assoluta novità nel settore giuslavoristico, in cui si è sempre considerata la corresponsione del ticket NAspi come un automatismo non sottoposto al alcun possibile vaglio del Giudice del Lavoro.
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