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Le truffa, anche di lieve entità, giustifica il licenziamento
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Le truffa, anche di lieve entità, giustifica il licenziamento

Corte di Cassazione: Sentenza n. 11181 del 23.04.2019

Sonia Gallozzi, Consulente giuslavorista della Sede nazionale

La Corte di Cassazione, con la Sentenza in commento, ha respinto il ricorso presentato da una ex dipendente di un supermercato, che instava per l’illegittimità del licenziamento irrogato, poiché, a detta della ricorrente, sproporzionato rispetto al nocumento cagionato dalla condotta.
Ed invero, il provvedimento espulsivo, veniva comunicato alla lavoratrice all’esito di un procedimento disciplinare che ne aveva appurato la condotta fraudolenta consistente nell’appropriazione di alcuni buoni sconto di modesto valore.
Il Giudice di prime cure, aveva accolto le doglianze della lavoratrice ordinando la sua reintegrazione, ma la Corte d’Appello di Catanzaro, aveva riformato la Sentenza, ritenendo la condotta della ex dipendente violativa del dovere di fedeltà ex art. 2015 c.c..
La Corte di Cassazione, investita della questione, riteneva fondate le doglianze sollevate dalla Società e confermava la legittimità del licenziamento irrogato, ritenendo la misura adottata proporzionata.
Ed infatti, i Giudici di Piazza Cavour, ritenevano condivisibile la lettura della questione fornita in Appello, laddove, una volta accertata la concretezza della contestazione disciplinare avente ad oggetto una condotta fraudolenta, il licenziamento fosse da ritenere certamente legittimo.
In particolare, la Suprema Corte, ricollegandosi alla fattispecie penale della truffa, stante la condotta concretatasi in artifizi e raggiri posti in essere dalla lavoratrice, rilevava che, nel pieno rispetto dei principi di cui agli artt. 2106 e 2119 c.c., “la gravità della condotta era tale da ledere l’elemento fiduciario, indipendentemente da una valutazione dell’entità del danno causato alla datrice di lavoro, certamente non rilevante”.
In altre parole, secondo la Corte la verifica giudiziale del procedimento disciplinare, quindi anche del giudizio di proporzionalità tra la violazione contestata e provvedimento adottato, si sostanzia nella “valutazione della gravità dell’inadempimento del lavoratore e dell’adeguatezza della sanzione” e, pertanto, una volta accertato l’idoneità dell’evento a cagionare il venir meno dell'elemento fiduciario nel rapporto con il datore di lavoro, ai fini della legittimità del provvedimento erogato occorre valutare esclusivamente la gravità della condotta e non il nocumento arrecato alla datrice di lavoro.
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