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AiopMagazine n° 10 - ottobre 2017
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AiopMagazine n° 10 - ottobre 2017

Mutazione genetica



 

editoriale - di Gabriele Pelissero

Per un lungo periodo abbiamo pensato, assieme ai tanti altri operatori del settore e agli italiani, che i diversi provvedimenti di spending review sulla sanità introdotti nella finanziaria dal 2011 fossero contingenti all’eccezionale periodo di recessione sofferto dall’Italia e dall’Occidente. Non è così. E a svelarci “il re nudo” è bastata la nota aggiuntiva al Def 2017 approvata nei giorni scorsi, che configura una evoluzione previsionale della spesa sanitaria pubblica dal 6,7% rispetto al Pil (valore 2016, pari a 112,542 mld di euro) al 6,3% nel 2020 (pari a 118,570 mld di euro). A fronte dei toni quasi trionfalistici con cui il Governo sta evidenziando in questi giorni i nuovi dati di crescita dell’economia italiana, ci aspettavamo certamente di più. Siamo ben lontani dai temi sulla sostenibilità del Ssn sollevati in questi ultimi anni, che hanno evidenziato la necessità di far fronte ai problemi legati alle nuove tecnologie, ai nuovi farmaci, all’evoluzione demografica. E ben lontani dalla retorica sulla volontà dichiarata di mantenere l’universalismo del Ssn e le sue performances. Ricordiamo, inoltre, che anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha posto il livello della spesa sanitaria pubblica al 6,5% rispetto al Pil, sotto il quale il sistema sarebbe insostenibile. D’altra parte, sono presenti e consolidati nei principali Rapporti di tutte le agenzie l’incremento dei valori delle liste d’attesa, quelli sul ricorso alla spesa sanitaria privata, quelli sulla rinuncia alle cure e quelli della frattura tra Nord e Sud del Paese in materia di qualità dell’assistenza sanitaria. Ci aspettavamo qualcosa di diverso dalle parole del Ministro dell’economia Pier Carlo Padoan, nell’accompagnare la nota al Def 2017: “Il sistema sanitario è sicuramente un ambito in cui andranno valutate misure di miglioramento ed efficientamento”. Parole che ricordano quelle del Ministro Piero Giarda nel 2012, che nel Rapporto “Elementi per una revisione della spesa pubblica” introduceva per la prima volta il concetto di “spesa aggredibile” applicato alla spesa pubblica sanitaria, prodromico a quella che sarebbe stata la più straordinaria e penalizzante stagione di tagli al welfare sanitario del nostro Paese. E, guarda caso, i numeri di allora sulle ipotesi di evoluzione della spesa sanitaria sono simili a quelli delineati ora dal Ministro Padoan. Segno di una “mutazione genetica” della natura universalistica e solidale del SSN della quale dobbiamo cominciare a prendere atto. Anche perché “le misure di miglioramento ed efficientamento” avrebbero dovuto già essere approntate. Pensiamo, ad esempio, alle penalizzazioni che avrebbero dovuto subire le aziende ospedaliere e gli ospedali pubblici a gestione diretta in deficit conclamato, così come enfaticamente riportato nelle leggi di stabilità 2016 e 2017. Nonostante le cifre monstre del deficit per centinaia di milioni ogni anno, rendicontate da alcune aziende ospedaliere pubbliche, non si intravede alcun provvedimento o idea per affrontare la questione, se non indagini e commissioni formali, buone per rimandare i problemi anziché affrontarli. C’è da guardare in faccia la nuova realtà e prendere consapevolezza di uno scenario che si trasforma.
Un cambiamento che l’appuntamento politico-elettorale dei prossimi mesi potrà addirittura accelerare. Ci sarà bisogno di strumenti e analisi nuove, in cui l’unità e la forza della rappresentanza di categoria saranno fondamentali nell’accompagnare questa mutazione. Il futuro non è una eredità, ma un compenso alla capacità di interpretazione del presente.


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