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Imprudenza, imperizia, linee guida. il rapporto interno tra struttura sanitaria e medico nel giudizio di responsabilità
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Imprudenza, imperizia, linee guida. il rapporto interno tra struttura sanitaria e medico nel giudizio di responsabilità

Corte di Cassazione Sezione 3 civile, Ordinanza 11 dicembre 2023 n.34516.

Avv. Giuseppe De Marco

La Corte di Appello formulava due giudizi di colpa del medico specialista: l’eradicazione eccessiva e oggettivamente azzardata (della patologia, ma risoltasi con una complicanza), insieme alla pretermissione della tecnica “nerve sparing”, già conosciuta da alcuni anni e idonea alla fortissima riduzione della complicanza insorta.

Il primo profilo è per imprudenza, il secondo per imperizia.

Nell’ipotesi di imprudenza non è applicabile l’articolo 2236 c.c. e la limitazione della responsabilità non opera; al riguardo non rileva l’astratta conformità della tecnica adottata alle linee guida.

Il rilievo non è stato quello della mal riuscita tecnica (imperizia), bensì dell’eccesso imprudente rispetto ai significativi rischi, nella scelta della misura dell’eradicazione.

Pertanto, il professionista risponde anche per colpa lieve qualora omissione di diligenze o prudenza provochi un danno nell’esecuzione di un intervento operatorio o di una terapia medica. In altri termini, la limitazione di responsabilità del medico si applica unicamente ai casi che trascendono la preparazione medica, ovvero perché la particolare complessità discende dal fatto che il caso non è ancora stato studiato a sufficienza, o non è ancora stato dibattuto circa i metodi da adottare.

 

  1. Linee guida

A fronte della tesi del ricorrente in ordine alla mancata adozione della tecnica a quel tempo non ancora recepita dalle linee guida, la Corte di Cassazione, nella sentenza in esame, ricorda i limiti della rilevanza scriminante delle linee guida nel giudizio di responsabilità medica.

Infatti, la Cassazione ha ripetutamente escluso che vi sia una rilevanza normativa delle linee in parola, sebbene siano un parametro di accertamento della colpa medica; esse non assurgono "al rango di fonti di regole cautelari codificate, non essendo né tassative né vincolanti, e comunque non potendo prevalere sulla libertà del medico, sempre tenuto a scegliere la miglior soluzione per il paziente. Di tal che, pur rappresentando un utile parametro nell'accertamento dei profili di colpa medica, esse non eliminano la discrezionalità giudiziale, libero essendo il giudice di valutare se le circostanze del caso concreto esigano una condotta diversa da quella prescritta.

Non senza osservare, ancora, come il giudice delle leggi, con la sentenza n. 295 del 2013, abbia chiaramente specificato che la limitazione di responsabilità ex articolo 3, comma 1 della cd. Legge Balduzzi (nel perimetro indicato) trovi il suo invalicabile limite nell'addebito di imperizia - giacche' le linee guida in materia sanitaria contengono esclusivamente regole di perizia - e non anche quando l'esercente la professione sanitaria si sia reso responsabile di una condotta negligente e/o imprudente"; non a caso la Legge n.24/2017, sia pure successiva ai fatti al pari della cd. legge Balduzzi, all'articolo 5 fa anch'essa salva la specificità del caso concreto.

  1. Rapporto interno medico – struttura

E’ stato progressivamente chiarito il principio per cui nel rapporto interno tra la struttura sanitaria e il medico di cui quella si sia avvalsa, la responsabilità per i danni cagionati da colpa esclusiva di quest'ultimo dev'essere di regola ripartita in misura paritaria secondo il criterio presuntivo delle obbligazioni solidali, in quanto la struttura accetta il rischio connaturato all'utilizzazione di terzi per l'adempimento della propria obbligazione contrattuale, a meno che dimostri un'eccezionale, inescusabilmente grave, del tutto imprevedibile, e oggettivamente improbabile, devianza del sanitario dal programma condiviso di tutela della salute che è oggetto dell'obbligazione.

Per ritenere superato l'assetto interno così ricostruito, non basta, pertanto, ritenere che l'inadempimento fosse ascrivibile alla condotta del medico, ma occorre considerare il composito e duplice titolo in ragione del quale la struttura risponde solidalmente del proprio operato, sicché' sarà onere del "solvens":

a) dimostrare - per escludere del tutto una quota di rivalsa - non soltanto la colpa esclusiva del medico rispetto allo specifico evento di danno, ma la derivazione causale di quell'evento dannoso da una condotta del tutto dissonante rispetto al piano dell'ordinaria prestazione dei servizi di spedalità, in un'ottica di ragionevole bilanciamento del peso delle rispettive responsabilità sul piano dei rapporti interni;

b) dimostrare - per superare la presunzione di parità delle quote, ferma l’impossibilità di comprimere del tutto quella della struttura, eccettuata l'ipotesi sub a) - che alla descritta colpa del medico si affianchi l'evidenza di un difetto di correlate trascuratezze nell'adempimento del contratto di spedalità da parte della struttura, comprensive di controlli atti a evitare rischi dei propri incaricati, da valutare in fatto, da parte del giudice di merito, in un'ottica di duttile apprezzamento della fattispecie concreta.

La Corte chiarisce anche che il principio generale richiamato vale in ogni caso in cui la struttura operi per il tramite di un medico che per ciò stesso diviene suo ausiliario, ai sensi dell’articolo 1228 c.c.; principio che resta fermo quando l'azienda sanitaria abbia affidato la logistica, oltre ad alcuni distinti supporti assistenziali, ad altra struttura, perché' il medico, rispetto alla prestazione relativa al paziente, resta ausiliario della prima anche se questa si sia accordata, in accertata esternalizzazione, con altri enti, per i mezzi materiali;

lo studio medico di cui il professionista faceva parte "gestiva il "service" di ginecologia mediante presa in carico dei pazienti, secondo le indicazioni (indirizzi, procedure, protocolli, codice di urgenza) e le strutture (sale operatorie, posti letto, locali, personale) fornite dalla" azienda stessa, e pertanto il principio sopra ribadito non è spostato dalla richiamata "autonomia tecnico-professionale di un prestatore d'opera", ne' dalla copertura assicurativa cui lo studio medico associato si era obbligato a garantire per i rischi della responsabilità propria e dei propri collaboratori.

 

Massime riassuntive

  • In tema di rapporti interni tra la struttura sanitaria ed il medico di cui la prima si è avvalsa, il principio in forza del quale la responsabilità per i danni cagionati da colpa esclusiva di quest'ultimo deve essere, di regola, ripartita in misura paritaria secondo il criterio presuntivo degli artt. 1298, comma 2, e 2055, comma 3, c.c. (salvo che il medico dimostri un'eccezionale, inescusabilmente grave, del tutto imprevedibile, e oggettivamente improbabile, devianza del sanitario dal programma condiviso di tutela della salute) trova applicazione anche quando l'azienda sanitaria abbia affidato la logistica, oltre ad alcuni distinti supporti assistenziali, ad altra struttura, perché il medico, rispetto alla prestazione relativa al paziente, resta ausiliario della prima anche se questa si sia accordata, in accertata esternalizzazione, con altri enti, per i mezzi materiali.

 

  • In tema di responsabilità sanitaria per attività medico-chirurgica, le linee guida non hanno rilevanza normativa o "parascriminante", non essendo né tassative, né vincolanti; conseguentemente, pur rappresentando un parametro utile nell'accertamento dei profili di colpa medica, esse non valgono ad eliminare la discrezionalità del giudice di valutare se le circostanze del caso concreto esigano una condotta diversa da quella prescritta nelle medesime linee guida. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza con cui la Corte territoriale aveva censurato la condotta dei medici, i quali, nell'eseguire un intervento chirurgico di particolare difficoltà, avevano omesso di adottare una tecnica chirurgica, già conosciuta dalla comunità scientifica di settore, sebbene ancora non implementata nelle linee guida, che avrebbe consentire di ridurre in altissima misura il rischio della complicanza, poi in effetti intervenuta).

 

  • In tema di colpa medica, la limitazione della responsabilità professionale del medico ai soli casi di dolo o colpa grave, di cui all'art. 2236 c.c., non opera nelle ipotesi di imprudenza né, al riguardo, rileva l'astratta conformità della tecnica adottata alle linee guida.

 

Riferimenti di legge e di giurisprudenza:

L. n.24/2017

Codice civile, artt. 2236; 1298; 2055;1228

Cass. civ. 2235/2001

Cass. pen. 16237/2013

Cass. civ. n.11208/2017

Cass. civ. n.28987/2019

Cass. civ. n. 29001/21

 

Roma, 29.02.2024

 

 

 

 

 

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