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Telemedicina: la nuova frontiera di Ippocrate
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Telemedicina: la nuova frontiera di Ippocrate

Come cambierà il sistema sanitario e la professione del medico con il suo profilo di responsabilità, nel momento in cui la modalità dell’erogazione di una prestazione evolverà da tradizionale a “digitale”. L'analisi di Enrico Andreoli, Giurista sanitario

di Enrico Andreoli, Giurista sanitario

Tra i vari effetti della pandemia di Covid19 uno dei certamente più rilevabili è quello della telemedicina.

Il tema in realtà era già presente nelle agende sperimentali da diversi anni, ma il virus partito dalla città cinese di Wuhan nell’autunno 2019 e propagatosi poi in tutto il mondo ne ha accelerato in modo inevitabile l’adozione. Ma prima di questo evento non aveva trovato una collocazione precipua nel nostro ordinamento giuridico.

Ci ha pensato il Decreto del Ministero della Salute n. 77 del 23/05/2022 riportante il “Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale”, che per la prima volta introduce una definizione normativa di telemedicina. Difatti l’allegato 1 punto 15 stabilisce infatti che: “La telemedicina è una modalità di erogazione di servizi e prestazioni assistenziali sanitarie sociosanitarie a rilevanza sanitaria a distanza, abilitata dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, e utilizzata da un professionista sanitario per fornire prestazioni sanitarie agli assistiti (telemedicina professionista sanitario - assistito) o servizi di consulenza e supporto ad altri professionisti sanitari (telemedicina professionista sanitario - professionista sanitario)”.

Da qui partiamo per analizzare e discutere come cambierà il sistema sanitario e la professione del medico con il suo profilo di responsabilità, nel momento in cui la modalità dell’erogazione di una prestazione evolverà da tradizionale a “digitale”.

Il medesimo punto prosegue specificando che la telemedicina rappresenta sì un approccio innovativo alla pratica sanitaria, ma risulta “(…) consolidato in diversi ambiti sanitari (…)” consentendo l’erogazione di servizi e prestazioni a distanza mediante dispositivi digitali, internet, software e reti di telecomunicazione.

Il Decreto prosegue enucleando le diverse tipologie di intervento: “Le  diverse  prestazioni  e  servizi  di  telemedicina,  quali   la televisita specialistica, la teleassistenza, il telemonitoraggio,  la teleriabilitazione, il teleconsulto medico, la teleconsulenza  medico sanitaria, o la telerefertazione, costituiscono un'opportunita' e  un fattore abilitante la strutturazione di modelli di gestione integrata

dell'assistenza sanitaria e socio-sanitaria a rilevanza sanitaria, in grado di rispondere sia alle necessita'  dei  sistemi  sanitari,  con particolare riferimento  alla  gestione  della  cronicita',  sia,  in un'ottica  di  medicina  personalizzata,  a  quelle  individuali  del singolo assistito, cosi' come previsto anche dal "Patto per la Salute 2019-2021".

Non viene trascurato poi il valore “abilitante” della sanità digitale sotto il profilo della riorganizzazione della assistenza territoriale in quanto permette “(…) - la riduzione delle distanze tra operatori sanitari e pazienti e tra operatori sanitari stessi;- il  tempestivo  intervento  per  pazienti  cronici  trattati  a domicilio in occasione di episodi di acuzie;-  la  diagnosi  precoce  dell'evento  acuto  e   il   tempestivo intervento per pazienti trattati a domicilio  e/o  in  condizioni  di emergenza;- l'efficientamento delle prestazioni  assistenziali  erogate  in zone interne e/o disagiate  con  una  ottimizzazione  delle  risorse, offrendo servizi di  prossimita'  che  aumentino  l'appropriatezza  e l'aderenza terapeutica;- la correlazione  degli  interventi  per  una  presa  in  carico integrata tra ospedale e territorio, anche  assicurando  processi  di de-ospedalizzazione, quali ad esempio le dimissioni protette; - la collaborazione tra gli operatori appartenenti  alle  diverse reti assistenziali ospedaliere e territoriali, consentendo  una  piu' efficace  ed  efficiente  operativita'  dei  gruppi  di  lavoro,   in particolare    per    tutti    quei    contesti    nei    quali    la multidisciplinarieta' e' elemento essenziale per una  corretta  presa in carico e gestione dell'assistito.”

La telemedicina diviene così parte integrante del progetto di salute definito per il singolo assistito in base ai propri bisogni contribuendo così a migliorare la capacità di risposta del SSN in un contesto di cure coordinate (coordinated care).

È molto importante specificare che nel rapporto medico-paziente le prestazioni di telemedicina non sostituiscono completamente le prestazioni assistenziali tradizionali, bensì fungono da “integrazione” per un miglioramento della efficienza, efficacia, appropriatezza e sostenibilità. Ma è altresì rilevante evidenziare che le prestazioni ed i servizi di telemedicina “(…) sono assimilati  a qualunque        altra         prestazione         o         servizio diagnostico/terapeutico/assistenziale/riabilitativo,  e   come   tali devono sempre rispettare tutti i diritti e  gli  obblighi  propri  di qualsiasi atto sanitario (…).

La responsabilità professionale nel determinare se l’assistito possa usufruire della telemedicina o teleassistenza ricade sul medico e “ (…) agli altri professionisti (…) formati all’uso delle tecnologie (…)”, previo consenso del paziente al contatto telematico e all’interazione documentale.

Dall’altro lato, una volta acquisito il predetto consenso a ricevere la prestazione di telemedicina presso il proprio domicilio, il “profilo tecnologico” dell’assistito – id est la sua conoscenza e la capacità di utilizzare gli strumenti informatici – deve divenire parte irrinunciabile dell’anamnesi. Ecco perché il Decreto precisa che in base al tipo di prestazione erogata ed ai requisiti minimi e dispositivi accessori associati per il singolo assistito occorre valutare “ (…)1. se sa usare o e' in grado di imparare ad usare  gli  strumenti digitali di  comunicazione  (es.  smartphone,  tablet,  computer  con webcam); 2. se puo' usare autonomamente tali strumenti (disabilita' fisica e cognitiva potrebbero limitarne la possibilita'; 3. se puo' essere aiutato da un familiare o un caregiver nell'uso di tali strumenti; 4. l'idoneita' al domicilio della rete internet,  degli  impianti (elettrici,  idraulici,  ecc),  degli  ambienti  e  delle  condizioni igienico-sanitarie (…). I requisiti minimi e gli standard di servizio sono contenuti nelle "Indicazioni   nazionali   per   l'erogazione   di   prestazioni   in telemedicina", approvate in Conferenza Stato Regioni il 17 dicembre 2020.

Dopo una disamina normativa della cornice di regolamentazione generale occorre però entrare nel vivo del ‘quadro’ della telemedicina, per visionare quali tratti siano stati già impressi o quelli in corso di impressione e quali pennellate future possano comparire nella tela della telemedicina (o, consentitemi il gioco di parole, nella tela-ssistenza).

È attualmente in fase di collaudo operativo, iniziato nel gennaio 2024, la piattaforma nazionale di AGENAS per i servizi di telemedicina. L’Agenzia per il 2024-2025 intende dettare le regole per la interoperabilità in modo da garantire ai medici di base di avere a propria disposizione una postazione per la televisita già a partire dal prossimo anno. A tal fine è prevista una gara di circa 200 milioni di euro per i dispositivi necessari, seguita la quale successivamente i vari centri verranno collegati tra loro con centrali operative territoriali con annesso percorso di informazione e conoscenza sui nuovi modelli di cura. L’obiettivo dichiarato della piattaforma è quello di colmare le disparità territoriali e garantire una maggiore integrazione tra i servizi sanitari regionali.

Ma quali prestazioni potranno essere erogate a distanza nel prossimo futuro?

Ad esempio un elettrocardiogramma, holter pressorio od una spirometria. Secondo una recente indagine di Federfarma il 52% delle farmacie eroga il servizio di ECG, il 50% l’holter pressorio ed il 46% l’holter cardiaco, mentre solo l’8% eroga la spirometria. Tali test diagnostici consistono in telerefertazioni a distanza, effettuate in tempo reale e certificate da medici specialisti, e rientrano nel progetto supportato dalla società di servizi informatici Promofarma, la quale ha promosso l’erogazione delle prestazioni di telemedicina in regime di libera professione presso la rete delle farmacie associate. Avviato nel 2016 con circa 2000 farmacie aderenti, oggi conta più di 9000 farmacie su tutto il territorio nazionale, grazie anche alle misure del PNRR sulle farmacie rurali.

I cosiddetti “pilastri” del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sulla telemedicina – da realizzare entro settembre 2026 – sono i seguenti, come indicati dalle Linee Guida del dicembre 2020.

1) Televisita: prestazione nella quale il professionista interagisce a distanza con il paziente, il quale può essere affiancato da un caregiver. È molto importante precisare che la prima visita deve essere sempre effettuata in presenza, di conseguenza questa modalità di visita va intesa come un’attività di controllo di soggetti la cui diagnosi viene già effettuata in precedenza (sarà il medico a scegliere in quali casi e in che misura ricorrere a tale soluzione, abbinandovi anche altre attività di rilevazione e monitoraggio dei parametri biologici).

Sono erogabili le prestazioni che non richiedono un esame obiettivo completo (ispezione, palpazione, percussione ed auscultazione) ed il paziente deve trovarsi in una delle seguenti condizioni: a) necessita della prestazione all’interno di un Piano Assistenziale Individualizzato (PAI) o di un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA); b) segue un percorso di follow-up da patologia nota; c) soffre di una patologia nota e ha bisogno di monitoraggio, conferma, aggiustamento o cambiamento della terapia in corso; d) richiede un’anamnesi per la prescrizione di esami di diagnosi o di stadiazione di una patologia nota o sospetta; e) necessita la verifica degli esiti di esami da parte del medico e dell’eventuale prescrizione di approfondimenti o di una terapia.

Il predetto viene messo in campo per ridurre gli accessi inutili al Pronto Soccorso.

2) Teleconsulto: trattasi dell’interazione a distanza (anche con videochiamata) tra un professionista ed uno o più medici per discutere la situazione clinica di un paziente, un confronto che avviene con lo scambio di dati clinici, referti, immagini e file audio-video. Tale modalità consente una second opinion specialistica e può svolgersi anche in asincrono, laddove la situazione del paziente lo consenta in sicurezza.

3) Teleconsulenza medico-sanitaria: è un’attività sanitaria, anche non strettamente medica, consistente nell’interazione a distanza tra professionisti sanitari con differenti responsabilità. In seguito a una richiesta di supporto, il professionista interpellato fornisce al richiedente, tramite videochiamata, indicazioni per la presa di decisione o per la corretta esecuzione di azioni assistenziali rivolte al paziente. La Teleconsulenza medico-sanitaria può avvenire in presenza del paziente, oppure in maniera differita. Si tratta di un’attività su richiesta, ma sempre programmata, e non può sostituire le attività di soccorso.

4) Teleassistenza: consiste nella interazione a distanza tra un professionista sanitario (infermiere, fisioterapista, logopedista, ecc.) e il paziente e/o caregiver per mezzo di una videochiamata. Lo scopo è quello di coadiuvare il corretto svolgimento delle attività assistenziali, le quali vengono praticate in prevalenza a domicilio (es: la riabilitazione può essere condotta a casa, gli esercizi eseguiti davanti a uno schermo che ci proietta nella realtà virtuale laddove dei sensori posizionati sulle braccia consentono di visionare in tempo reale la correttezza dei movimenti). Il professionista che si occupa dell’attività di Teleassistenza può anche utilizzare app per somministrare questionari, condividere immagini o video tutorial su determinate attività.

5) Telemonitoraggio: consente al medico di monitorare i parametri vitali e clinici (attraverso saturimetri, elettrocardiografi, bilance, termometri, monitor cardiorespiratori, spirometri, glucometri ecc.), l’andamento della terapia ed in generale lo stato di salute dei pazienti al di fuori delle strutture ospedaliere. Il paziente “auto-monitora” i parametri mediante dispositivi specifici e i dati raccolti vengono condivisi automaticamente con il medico. Quest’ultimo può conseguentemente intervenire con prontezza in caso di criticità.

6) Telerefertazione: è la relazione del medico che ha effettuato un esame, scritta e trasmessa con sistemi digitali e di telecomunicazione. Può venire rilasciato da un medico responsabile anche se non è presente fisicamente nello stesso luogo in cui è avvenuto l’esame con la collaborazione del medico richiedente o di un sanitario che si trova invece presso il paziente. Successivamente, il medico richiedente ha il compito di tenere aggiornato il medico che ha firmato il telereferto sull’andamento clinico del paziente. La telerefertazione deve prevedere un sistema di interoperabilità dei dati raccolti, in modo che il personale sanitario possa richiamare e confrontare facilmente i referti disponibili, agevolando la collaborazione territoriale.

Un esempio tangibile di tutto questo lo possiamo ritrovare nel quartiere Navile di Bologna dove nel dicembre 2023 è stato inaugurato il centro di Assistenza e Urgenza (CAU), attivo 7 giorni su 7 h24. Qui due medici di famiglia, due infermieri ed un operatore sociosanitario a turno assistono, senza prenotazione, pazienti con problemi urgenti ma non gravi, vale a dire codici bianchi e verdi, i quali rappresentano attualmente il 70% dei casi trattati dai Pronti Soccorso cittadini.

Viene impiegata la telerefertazione, ossia l’esame viene eseguito in un luogo mentre valutazioni, diagnosi e referti sono affidati ad un medico stazionante in un altro grazie alla trasmissione di dati in tempo reale. Questo accade per le radiografie ed eletrocardiogrammi, letti rispettivamente dall’Ospedale Maggiore e all’Ospedale di Bellaria.

Il paziente può, inoltre, effettuare le analisi del sangue presso il Centro, ma queste vengono poi lette da remoto dal Laboratorio di Analisi di Bologna, senza alcun “viaggio” della provetta che quindi non viene fisicamente inviata. Come? Attraverso degli analizzatori di sangue portatili con un lettore di codice a barre per identificare il paziente e l’operatore sanitario, la provetta viene inserita al loro interno. In seguito la macchina, Point Of Care Testing (Poct), è in grado di capire che cosa analizzare

tramite un software che è collegato al Pc del medico che prescrive gli esami necessari e al laboratorio centrale che deve vigilare sulla corretta esecuzione del procedimento ed emettere il referto. I risultati degli esami compaiono a stretto giro sul computer di chi li ha richiesti e nel fascicolo sanitario del cittadino. Ogni test costa da 1,5 a 5 euro a carico del Servizio Sanitario Nazionale (tranne il ticket).

Anche il prelievo del sangue per il monitoraggio della terapia anticoagulante (TAO) è da remoto.

A tali controlli devono sottoporsi i pazienti a rischio trombi per una malattia (fibrillazione atriale) o per problemi temporanei (frattura di un femore), di conseguenza i valori del sangue per il dosaggio dei farmaci indicati per fluidificarlo devono essere costantemente monitorati. Ora direttamente a casa del paziente è possibile prendere una goccia di sangue con un pungidito (senza prelievo venoso), inserirla in una macchinetta ad hoc che la analizza con un software, dando esito nel giro di pochi istanti. Con uno smartphone si scatta poi una fotografia del valore INR (International Normalized Ratio, parametro utilizzato per valutare in modo accurato il tempo di protrombina, la glicoproteina che partecipa al processo di coagulazione del sangue) da trasmettere al laboratorio di analisi che si occupa della sua validazione, inviandolo contestualmente al medico curante.

Il paziente lo troverà poi nel giro di pochissimo tempo sul proprio fascicolo sanitario elettronico.

Ma la telemedicina può essere utile anche a chi ha bisogno di controlli periodici, evitando faticose trasferte.

Come accade all’Ospedale di Bazzano – non lontano sempre da Bologna -, dove si trova la prima clinica oculistica virtuale d’Italia. Qui i pazienti con malattie oculari croniche, come la degenerazione maculare senile e la retinopatia diabetica, possibili cause di cecità, le quali richiedono degli esami specifici (TAC all’occhio, Fundus Camera ed angiografia) condotti periodicamente. I pazienti della zona li possono eseguire direttamente a Bazzano (senza recarsi all’Ospedale Maggiore di Bologna) con la supervisione di ortottisti specializzati, i quali trasmettono con dei macchinari in tempo reale le immagini all’oculista che si trova invece nel capoluogo felsineo. La clinica virtuale dell’Ospedale di Bazzano nel giro di pochi mesi ha aperto una sede anche negli ospedali di Bentivoglio e San Giovanni in Persiceto nella pianura bolognese e a Vergato sull’Appennino Tosco-Emiliano. Spesa complessiva per i macchinari 1,2 milioni di euro; oltre 2.200 i pazienti in totale. Il progetto, ideato dall’oculista Francesca Quagliano, è stato premiato il 23 novembre 2023 dall’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Agenas) come progetto innovativo, concreto e replicabile nell’ambito della Sanità digitale.

La tecnologia da ben più di vent’anni riempie la nostra vita quotidiana, ad ogni latitudine, ed una sanità digitalizzata è un sentiero già imboccato da una decina di anni grazie alla implementazione del fascicolo sanitario elettronico regionale.

Ma c’è ben di più.

L’adozione progressivamente maggiore nel tempo a venire della telemedicina, “coadiuvante” del rapporto diretto medico-paziente che non verrà mai meno, può avere un impatto molto positivo sulla riduzione delle liste di attesa (annosa chimera della salute italiana) e conseguentemente sull’aumento delle diagnosi precoci.

Questo non è solamente la convinzione dello scrivente, bensì il risultato di uno studio osservazionale pubblicato nell’estate 2023 sul Giornale Italiano di Cardiologia relativamente all’esperienza condotta nell’Ospedale Valduce di Como.

Sono principalmente due i fattori che spingono verso la digitalizzazione: 1) la necessità di gestire le limitate risorse a disposizione con oculatezza; 2) l’aumento della domanda di servizi sanitari a causa dell’invecchiamento progressivo della popolazione.

È bene precisare, come detto, che il rapporto fiduciario tra il medico di famiglia e l’assistito rimane un pilastro indissolubile del sistema come si evince dalle recenti parole del segretario nazionale della FIMMG (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale) Silvestro Scotti: "Le nostre sale d'attesa, tradizionalmente sono sempre state anche luogo d'incontro sociale, in particolare per gli anziani, una sorta di punto di riferimento 'anti-solitudine'. Oggi con la ricetta dematerializzata, sicuramente molto comoda, questo aspetto è meno accentuato perché ci sono meno occasioni di venire in ambulatorio. Bisognerà trovare un equilibrio. Il medico di famiglia prossimo-futuro dovrà mantenere la dimensione umana, ma anche puntare sulle cure di precisione: il modello tecnologico ci aiuta sulla precisione ma va integrato sul piano della relazione. Il medico di famiglia dovrà essere un professionista non più 'solista' ma sempre più integrato nella rete dei servizi territoriali. Ma questo non deve assolutamente voler dire sradicarlo dal suo territorio e dalla possibilità di rapporto diretto e continuativo con il suo paziente. Il rapporto fiduciario è un patrimonio da salvaguardare".

La vera nuova sfida già in atto è quella di rimodulare l’assistenza domiciliare in modo che il territorio possa virtuosamente filtrare gli accessi impropri al Pronto Soccorso (considerato oggi molte volte erroneamente un medico di base H24 per le “non urgenze”), evitando in questo modo uno spreco di risorse pubbliche. Accessi impropri che si traducono in alcune situazioni in autentiche saturazioni ed “assalti alla diligenza” delle zone di triage laddove poi possono nascere i nervosismi dei pazienti o dei loro familiari per le lunghe attese che conducono poi anche – nei casi estremi – ad aggressioni a medici ed infermieri e a danneggiamenti delle costose apparecchiature mediche, a discapito della utenza generale.

Non solo, l’intasamento dei Pronto Soccorso generano carichi di lavoro insostenibili per gli operatori sanitari, i quali oltre allo stress lavorativo aggiungono anche l’ansia per le suddette possibili aggressioni fisiche. Ed il tutto può spingere molti camici bianchi (come sta già accadendo in realtà) a cercare delle opportunità all’estero economicamente ed umanamente più allettanti.

Come si evince è un sistema che attualmente rischia di mordersi la coda.

Lo scrivente vede invece un futuro prossimo nel quale il paziente, a titolo di esempio, comodamente da casa e davanti ad un PC con un monitor e webcam ad alta definizione – condizioni queste imprescindibili -  dialoghi in videochiamata con il proprio medico di base, a sua volta dotato di dispositivi ad alta definizione, mostrandogli il decorso di quelle strane macchie che gli erano comparse sul viso od in altre parti del corpo la settimana precedente, allorquando il paziente si era recato nello studio medico per una visita presenziale (bisogna ricordare difatti, come summenzionata, che per legge la prima visita medica di controllo è sempre dal vivo, mentre le successive possono essere eseguite da remoto).

Così facendo, da un lato il grado di ansia dell’assistito può diminuire in un contesto conosciuto e familiare come quello di casa propria sia per lo sviluppo della problematica medica sia per lo stress del percorso in auto ed il traffico per recarsi alla visita nello studio, e dall’altro lato il medico di base può “sgravare” la propria lista di attesa se reputa ovviamente di poter eseguire la televisita, a vantaggio di altri pazienti con magari patologie o problematiche più severe e per una sua maggior efficienza e serenità lavorativa.

Partendo da questo piccolo esempio, che rappresenta anche una interpretazione personale sulla evoluzione in essere, i medici di base potrebbero filtrare gli accessi impropri ai Pronto Soccorso, rendere questi ultimi solo luoghi di reale urgenza, far di conseguenza diminuire la esasperazione dei pazienti (e familiari) per le lunghe attese – con annesse assurde aggressioni al personale medico -, e i carichi di lavoro per medici ed infermieri. Infine allocare meglio le risorse per il sistema sanitario, garantendo così una remunerazione adeguata per disincentivare la diaspora di medici italiani all’estero.

Ed il cerchio virtuosamente si chiuderebbe.

Spesso si è diffidenti verso tutto ciò che è nuovo, ma la medicina e la tecnologia le conosciamo bene.

Basta farle incontrare.

 

 

 

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