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Nuovi traguardi raggiunti in campo medico

Comunicati stampa

Paziente 30enne immunodepresso e con grave infezione del cuore: rifiutato in altro ospedale, l’équipe di Maria Eleonora Hospital gli salva la vita con un delicato intervento mininvasivo
Il caso clinico complesso è stato trattato dai medici della struttura di Alta Specialità di Palermo. L’operazione chirurgica multidisciplinare ha permesso di trattare l’endocardite tramite sostituzione della valvola mitrale infetta

L’endocardite è una patologia rara che colpisce circa 5 persone ogni 100mila: si tratta di un’infezione dell’endocardio, il rivestimento del cuore e delle valvole cardiache, causata molto spesso da batteri che entrano nell’organismo attraverso determinate procedure chirurgiche, come ad esempio estrazioni di denti o posizionamento di cateteri, colonscopie o gastroscopie che vanno a lesionare le pareti interne rendendole attaccabili da agenti patogeni esterni. La patologia colpisce più facilmente i soggetti immunodepressi, condizione per la quale il sistema immunitario non funziona in maniera efficace.
È questo il caso di un giovane paziente operato a Maria Eleonora Hospital di Palermo, Ospedale di Alta Specialità accreditato con il Servizio Sanitario Nazionale: il 30enne era affetto da un linfoma e presentava un quadro clinico complesso, aggravato da insufficienza renale e da un’emorragia cerebrale, non trattate chirurgicamente. In seguito ad un trapianto di midollo che l’aveva reso immunocompromesso, aveva sviluppato una gravissima endocardite che interessava la valvola mitrale. Il paziente era stato rifiutato in un altro ospedale della provincia proprio per via delle sue condizioni cliniche, perché considerato a rischio operatorio proibitivo.
“Il caso è giunto alla nostra attenzione perché Maria Eleonora Hospital è una struttura di Alta Specialità per la Cardiochirurgia. Infatti, il quadro clinico gravemente compromesso del paziente lo rendeva ad alto rischio chirurgico, motivo per cui era stato precedentemente rifiutato da altri centri – commenta il Prof. Khalil Fattouch, responsabile della Cardiochirurgia a Maria Eleonora Hospital –, tuttavia nella nostra struttura, data la vasta ed importante casistica, possiamo accogliere casi di questa gravità. Siamo dunque intervenuti con un approccio chirurgico mininvasivo per l’intervento di sostituzione valvolare che è pienamente riuscito”.
L’intervento è stato affrontato da un’équipe chirurgica multidisciplinare, che includeva oltre agli specialisti dell’Heart Team e agli anestesisti, anche neurologo, oncoematologo ed infettivologo, per un lavoro di squadra che ha portato in conclusione alla buona riuscita della difficile operazione.
Maria Eleonora Hospital tratta ogni anno una media di 350 pazienti affetti da patologie valvolari, tramite interventi di riparazione o sostituzione delle valvole mitrale e aortica con approcci mininvasivi e procedure percutanee, quindi senza cicatrici, utilizzando gli ultimi device e innovazioni tecnologiche.
L’infezione da endocardite, nel caso del 30enne, aveva compromesso in particolare la valvola mitrale, rendendo il paziente cardiopatico, e dunque a rischio per scompensi cardiaci, edemi polmonari ed embolie.
L’intervento totalmente mininvasivo ha permesso la sostituzione della valvola mitrale infetta e compromessa con una protesi meccanica, un device che ha potenzialmente durata illimitata nel tempo perché meno soggetta ad usura rispetto alle valvole di origine biologica, richiede però di sottoporsi a terapia farmacologica a vita. Il paziente, dopo le dimissioni dall’ospedale, si trova attualmente in una struttura di riabilitazione a Palermo, dove segue un recupero graduale dell’autonomia funzionale per riprendere la sua quotidianità.

Complesso e raro intervento al cuore salva 60enne da una grave infezione cardiaca
Il paziente operato al Salus Hospital era affetto da un’endocardite che aveva compromesso gravemente il cuore. La “Commando Procedure” ha permesso la sostituzione delle valvole mitrale e aortica e la ricostruzione delle pareti cardiache
Reggio Emilia, xx luglio 2020 – Un importante intervento di 8 ore è stato eseguito a Salus Hospital di Reggio Emilia, Ospedale di Alta Specialità accreditato con il Servizio Sanitario Nazionale, a cura dell’équipe di Cardiochirurgia che ha utilizzato una procedura complessa e innovativa per salvare la vita di un paziente, un 60enne affetto da una grave endocardite. L’endocardite è un’infezione della membrana che riveste le pareti interne del cuore, l’endocardio, che attacca in particolare le valvole cardiache, la cui origine è una diretta conseguenza dei germi entrati nel circolo sanguigno a seguito di procedure chirurgiche come estrazioni di denti o posizionamento di cateteri per via urinaria o vascolare.
“L’endocardite batterica è una pericolosa patologia cardiaca, si stimano 5 casi ogni 100mila persone, è meno frequente nelle persone sane ma attacca più facilmente chi ha già impiantate protesi cardiache o presenta valvole native con una disfunzione, specialmente in soggetti immunocompromessi – commenta il dottor Vinicio Fiorani, responsabile dell’Unità Operativa di Cardiochirurgia a Salus Hospital –.
Viene spesso diagnosticata tardivamente a causa del sintomo principale, ovvero la febbre che viene sottovalutata. La gravità del quadro clinico e cardiologico è strettamente legata alla precocità della diagnosi, alla tempestività della terapia antibiotica specifica e all’aggressività del germe responsabile dell’infezione. Nei casi in cui l’antibioticoterapia risulti inefficace, l’azione destruente dell’infezione può raggiungere vari gradi di gravità”.
Nei casi più gravi, fortunatamente rari, le valvole cardiache e la struttura fibrosa centrale del cuore vengono completamente coinvolte e distrutte dall’infezione, come nel caso del paziente del Salus Hospital che presentava un cuore gravemente compromesso dall’endocardite. L’infezione aveva infatti attaccato sia la protesi aortica, precedentemente impiantata, sia la valvola mitralica, con conseguente formazione di un ascesso a livello della giunzione mitroaortica, la parte di cuore che si trova tra le due valvole. La particolare tecnica adottata, chiamata “Commando Procedure” negli USA ed “UFO Procedure” in Europa, non viene molto utilizzata in Italia a causa della sua estrema complessità e perché raramente le endocarditi sono così gravi da renderla necessaria.
“Abbiamo adottato la Commando Procedure poiché consisteva nell’unica possibilità di cura per il paziente. – continua il dott. Fiorani –. Si tratta dell’unica tecnica che consente la massima radicalità chirurgica (profonda e totale rimozione del tessuto infetto) e un’ottimale ricostruzione del cuore del paziente. L’endocardite è un’infezione che tende a recidivare: l’équipe chirurgica deve sempre rimuovere tutte le parti infette per evitare che il batterio continui a proliferare. Più l’infezione è in fase avanzata, infatti, più estesa è la parte di cuore aggredita e distrutta, più l’intervento diventa complesso e ad altissimo rischio. L’intervento tradizionale generalmente è assai più limitato. Anche il nome dato dalla comunità scientifica alla procedura chirurgica, Commando o UFO, sono a testimoniare l’estrema complessità dell’intervento”.
La procedura ha permesso la sostituzione delle valvole con due protesi in carbonio e la ricostruzione dell’intera zona compromessa dall’ascesso con un patch, un tessuto di pericardio biologico utilizzato per ricostruire la membrana che c’è tra le due valvole cardiache. Il patch è stato necessario come supporto per ancorare le protesi, che non avrebbero altrimenti retto sul tessuto cardiaco residuo.
Durante l’intervento il paziente è a cuore fermo ed è supportato dalla macchina cuore-polmoni in circolazione extracorporea. Post operazione, il paziente è rimasto 26 giorni in Terapia Intensiva per un recupero graduale dell’autonomia respiratoria e cardiaca. Ad oggi il paziente è a domicilio e gode di buona salute.

La crioablazione per trattare la Fibrillazione Atriale nuove tecniche e vantaggi per il paziente
Maria Cecilia Hospital si conferma centro di riferimento nazionale per trattamenti d’avanguardia “per il ritmo del cuore” con l’utilizzo di nuove tecniche
Cotignola (RA), 23 luglio 2020 – A Maria Cecilia Hospital di Cotignola, struttura di Alta Specialità accreditata con il SSN, l’équipe di Aritmologia ed Elettrofisiologia si è dotata di un ulteriore sistema di crioablazione, denominato POLARx, che permette di intervenire sulle vene polmonari, nelle quali si origina la Fibrillazione Atriale, mediante una singola erogazione di crioenergia.
La crioablazione è la tecnica d’elezione per il trattamento della Fibrillazione Atriale che, attraverso un catetere a palloncino (cryoballoon), consente di localizzare e congelare il tessuto cardiaco responsabile del battito irregolare, ripristinando un ritmo cardiaco regolare.
Studi clinici internazionali hanno dimostrato l’efficacia del nuovo sistema di crioablazione POLARx che riduce significativamente le tanto temute recidive nei soggetti con fibrillazione parossistica, allontanando così il paziente da ulteriori ospedalizzazioni. Inoltre, consente allo specialista di eseguire la procedura in tempi estremamente rapidi con l’utilizzo di una consolle innovativa, avendo sotto controllo tutti i parametri tecnici e clinici.
Maria Cecilia Hospital è il primo ospedale italiano e tra i primi 5 centri in Europa con il più alto volume di procedure di crioablazione.
“L’équipe di Aritmologia ed Elettrofisiologia di Maria Cecilia Hospital tratta ogni anno una media di 400 pazienti affetti da Fibrillazione Atriale – commenta il dott. Saverio Iacopino, responsabile dell’Unità Operativa di Aritmologia ed Elettrofisiologia a Maria Cecilia Hospital e per le strutture di GVM Care & Research –. Puntiamo sempre ad adottare tecnologie, tecniche e procedure d’avanguardia per massimizzare l’efficacia dei trattamenti e restituire il massimo beneficio possibile ai pazienti”.
La Fibrillazione Atriale è una delle alterazioni più frequenti del ritmo cardiaco e colpisce in particolare gli anziani, con percentuali sul totale della popolazione che vanno dall’1,3% per pazienti sotto i 65 anni al 9-10% per quelli sopra i 76 anni. In Europa 8,8 milioni di persone soffrono di fibrillazione atriale (rapporto RAND Europe 2015). La patologia, spesso asintomatica, è riconducibile ad un’attività elettrica caotica nelle camere superiori del cuore (atri) che porta a una progressiva perdita delle contrazioni cardiache ed è responsabile del 20% degli ictus ischemici a causa della formazione di coaguli. L’ictus colpisce ogni anno 200mila italiani e rappresenta, tuttora, la prima causa di morte e la terza di invalidità. Per chi soffre di Fibrillazione Atriale, il rischio ictus è di 3-5 volte superiore rispetto ad altri pazienti.

Complesso intervento per la rimozione di un raro tumore all’esofago
L’équipe multidisciplinare di Villa Lucia Hospital ha adottato una tecnica mininvasiva per trattare l’estesa neoplasia
Conversano (BA), 30 luglio 2020 – A Villa Lucia Hospital di Conversano (BA), Ospedale Polispecialistico accreditato con il SSN, è stato eseguito un complesso intervento per la rimozione di un tumore dell’esofago in una paziente obesa di 43 anni.
Il tumore dell’esofago distale è una patologia relativamente rara, con un’incidenza mondiale di 3 casi ogni 100.000 abitanti. Tra i principali fattori di rischio vi sono il reflusso gastro-esofageo acido, insieme a fumo, alcol, oltre ad una dieta povera di frutta e verdura e uno stile di vita sedentario. L’obesità, in quanto condizione favorente il reflusso, è un altro importante fattore di rischio per il cancro dell’esofago.
L’equipe del Dott. Antonio Braun, responsabile dell’Unità Operativa di Chirurgia Generale e del Centro per l’Obesità e i Disturbi Alimentari di Villa Lucia Hospital, costituita dal Dott. Daniele Paradies, dal Dott. Libero Giambavicchio e dalla Dott.ssa Tham Santi, ha realizzato un delicato intervento di esofagectomia secondo Ivor-Lewis suddiviso in due fasi per la rimozione della neoplasia, una prima per via addominale laparoscopica e una seconda per via toracoscopica.
“L’intervento era di estrema complessità a causa della diffusione del tumore – commenta il dott. Braun –. Abbiamo adottato questa tecnica mininvasiva perché particolarmente indicata per i tumori che colpiscono la parte intratoracica dell’esofago. L’aggressività del tumore richiede di intervenire su diversi organi addominali e toracici, motivo per cui l’operazione ha previsto due tempi difficili e impegnativi. Siamo intervenuti in primis per via laparoscopica con il fine di tubulizzare (resezione di un tratto verticale) lo stomaco ed asportare i linfonodi addominali coinvolti dalla malattia. Durante la seconda parte per via toracoscopica è stata asportata la massa neoplastica con i linfonodi toracici in prossimità dei bronchi, del cuore e dei grossi vasi, ed è stata eseguita un’anastomosi tra l’esofago prossimale e lo stomaco traslato in torace (una volta rimossa la parte colpita dal tumore, l’esofago rimanente è stato riconnesso allo stomaco)”.
La metodica chirurgica mininvasiva utilizzata ha permesso una mobilizzazione precoce della paziente con rapida ripresa funzionale e ha consentito la dimissione dopo solo sette giorni di degenza ospedaliera con avvio immediato alle cure oncologiche del caso e al follow-up post-chirurgico.
Villa Lucia Hospital di Conversano, oltre ad essere un centro di riferimento per la cura dei disturbi alimentari e per il trattamento chirurgico dell’obesità, è un centro di chirurgia laparoscopica mininvasiva avanzata per il trattamento della patologia neoplastica del paziente obeso e non. 

Proctologia e pelviperineologia: parola d’ordine mininvasività
Ambulatorio specializzato con tecniche d’avanguardia per la diagnosi e il trattamento di patologie di colon, retto, ano e pavimento pelvico a beneficio dei pazienti. A Maria Cecilia Hospital nuova équipe.
A Maria Cecilia Hospital, Ospedale di Alta Specialità accreditato con il SSN, è operativa una nuova équipe dedicata alla Proctologia e Pelviperineologia. Il team si occupa di un percorso integrato che parte da visite ambulatoriali supportate da tecnologie diagnostiche di ultima generazione e che può proseguire, laddove si rendesse necessario, tramite attività chirurgica con l’utilizzo di tecniche all'avanguardia.
Parola d’ordine: mininvasività. Quando infatti si ha a che fare con patologie che riguardano questi distretti corporei, si va a colpire l’intimo del paziente. Il disagio e la paura verso le modalità di diagnosi e trattamento devono essere sfatati in favore di una cultura della prevenzione, alimentata questa da specialisti competenti e metodiche innovative che riducono al minimo l’invasività nei confronti del paziente.
L’équipe di Maria Cecilia Hospital si avvale delle competenze e dell’esperienza del Dott. Sergio Agradi e del Dott. Luca Bordoni Chirurghi Generali e Proctologi, specializzati nella diagnosi, nella cura e nella chirurgia delle patologie di colon, retto, ano e pavimento pelvico. Nel team anche la Dott.ssa Benedetta Mattioli.
Presso la struttura di Cotignola viene adottato un approccio multidisciplinare: il paziente viene infatti seguito, oltre che dagli specialisti in Proctologia, anche da medici di discipline trasversali alla patologia, dalla Ginecologia alla Gastroenterologia.
Tra le patologie trattate ci sono: prolasso degli organi pelvici, stipsi, ostruita defecazione, incontinenza urinaria e fecale, dolore pelvico, malattia emorroidaria, fistole e sepsi anali, cisti pilonidali, ragadi anali, condilomi anali e rettali.
I dottori Agradi e Bordoni vanno ad implementare i servizi al paziente per la specialità di Proctologia grazie alla loro esperienza sul campo, con una media di 1000 casi all’anno registrati durante la loro carriera, un alto volume di pazienti per un’équipe in costante aggiornamento e specializzata in tecniche d’avanguardia e nuove tecnologie.
Le patologie più frequenti: quando rivolgersi al Proctologo?
Oggi la proctologia e la pelviperineologia interessano circa il 60-70% delle donne, soprattutto quelle che hanno sostenuto un parto o subito un’isterectomia. Fra i disturbi più frequenti che possono interessare la sfera femminile c’è il prolasso degli organi pelvici, ovvero utero, vescica e retto. Questa problematica si verifica quando i tessuti di supporto della pelvi si fanno più fragili e non riescono più a sostenere la struttura. Per riportare l’anatomia pelvica alla sua regolare funzionalità, l’équipe del dott. Agradi e del dott. Bordoni ha ideato una tecnica chirurgica mininvasiva, denominata POPS (Pelvic Organs Prolapse Suspension): la metodica è già stata applicata dagli specialisti in circa 1.500 casi negli ultimi 10 anni di professione, vantando così la maggiore casistica a livello mondiale, e consente di agire contemporaneamente sul prolasso di vescica, utero e retto e di conservare l’utero stesso. Si esegue in laparoscopia e prevede il posizionamento di una mesh (rete biocompatibile) in sostituzione dei tessuti indeboliti.
Tra le patologie più diffuse, che colpisce ambo i sessi, vi è la malattia emorroidaria: ne soffre circa il 40% della popolazione adulta italiana. Quando la strada chirurgia diviene necessaria, l’équipe di Maria Cecilia Hospital adotta tecnologie e metodi che puntano a ridurre l’impatto sui tessuti e a conservare gli organi. Le tecniche mininvasive studiate e messe a punto dall’équipe permettono al paziente un ritorno più rapido alla quotidianità e una riduzione, a volte a zero, del dolore postoperatorio.
Infine, a Maria Cecilia Hospital, vengono utilizzate ulteriori tecniche, considerate il gold standard nel trattamento di determinate patologie, come ad esempio: nel di prolasso rettale si procede con la tecnica STARR (Stapled Trans-Anal Rectal Resection) o TRANSTAR; per le cisti pilonidali o sacro-coccigee (sacche di peli e cellule che solitamente si formano nella piega fra i due glutei) il trattamento definitivo è l’intervento chirurgico e in struttura viene utilizzata la tecnica EPsiT (Endoscopic Pilonidal Sinus Treatment) che permette di ridurre il più possibile la quantità di tessuto asportato; nel trattamento delle fistole anali, lesioni spesso purulente di forma tubulare che fanno da canale di comunicazione fra retto o ano e la cute perianale, è indicata la tecnica VAAFT (Video Assisted Anal Fistula Treatment) che, tramite il fistuloscopio di Meinero, permette di chiudere la cavità e curare la fistola dall’interno, senza il rischio di causare danni agli sfinteri e quindi incontinenza postoperatoria.
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