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La Commissione europea valuta il sistema sanitario italiano

Alberta Sciachì, Responsabile Ufficio Rapporti internazionali

La Commissione europea con una propria Comunicazione (COM(2019) 150 final) al Parlamento ed al Consiglio, nonché alla Banca centrale ed all’Eurogruppo, ha pubblicato le proprie valutazioni sulla situazione degli Stati membri per il primo semestre 2019. Le analisi vertono su progressi in materia di riforme strutturali, prevenzione e correzione degli squilibri macroeconomici, con una sezione specifica per ogni Paese dedicata al sistema sanitario nazionale.
Per quanto riguarda in particolare l’Italia, il giudizio sulla la situazione del nostro sistema è complessivamente buono, ma rileva il fatto che la spesa sanitaria è al di sotto della media UE. Nel 2017, infatti, l'Italia ha speso soltanto l'8,9 % del PIL per la sanità nel suo insieme, compresi i costi amministrativi, ed inoltre la spesa pubblica è in leggera diminuzione. Le spese non rimborsabili per l'assistenza sanitaria, inoltre, sono superiori alla media dell'UE e in aumento, attestandosi intorno al 23,1% della spesa sanitaria totale. I cittadini, inoltre, devono pagare un ticket, come ben sappiamo, per le visite specialistiche ambulatoriali prescritte dal medico di base, per i servizi diagnostici, per i farmaci rimborsati e per l'uso ingiustificato dei servizi di Pronto soccorso.
Dal punto di vista della distribuzione delle risorse, la spesa ospedaliera rimane più elevata rispetto all’assistenza sanitaria di base, che risulta non adeguatamente coperta. Quanto alla spesa pro capite per i prodotti farmaceutici al dettaglio, risulta al di sopra della media dell'UE, ma la quota di mercato dei farmaci generici rimane tra le più basse dell’Unione, senza che sia stata avviata alcuna azione politica efficace negli ultimi anni.
Un’altra criticità, segnalata dalla Commissione, riguarda il numero dei medici, leggermente superiore alla media europea, ma con un’età media in aumento, il che fa temere una potenziale carenza di personale. Quanto al rapporto tra numero di infermieri e quello dei medici, esso rimane al di sotto della media europea.
Il problema strutturale più rilevante, sempre secondo le valutazioni della Commissione, resta però la disponibilità non omogenea dell'assistenza sanitaria nelle diverse regioni, un disequilibrio suscettibile d’incidere sull'accesso alle cure, sull'equità e sull'efficienza. In effetti, nonostante il bisogno insoddisfatto di cure mediche dichiarato dai pazienti sia diminuito dal 2015 al 2017, il numero di residenti al Sud che dichiara esigenze di cure disattese è quasi il doppio rispetto al Nord. I pazienti possono ottenere cure ospedaliere in altre regioni e vi è un sistema di compensazione interregionale della spesa: al riguardo la Commissione, considera la mobilità interregionale come intesa a promuovere il diritto di scelta e quindi a migliorare l'accesso ai servizi, senza entrare in profondità nella problematica, ma ribadisce il fatto che anche i tempi di attesa e le distanze di viaggio sono maggiori nelle regioni meridionali e che la mobilità dalle regioni meno efficienti a quelle più efficienti potrebbe radicalizzare e aggravare le disparità.
Nonostante la complessità della situazione, critica sotto diversi aspetti, la speranza di vita alla nascita nel nostro Paese resta la seconda più alta e il tasso di mortalità evitabile il più basso dell'UE.
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